Gli episodi che utilizzerò per enunciare la mia tesi sono accaduti tutti nel circondario di Catania tra il 10 ed il 15 di ottobre dello scorso anno; ne sono stato personalmente testimone e sono tutti rigorosamente veri: purtroppo!
Il primo si è verificato alla cassa di una supermercato di Gravina, la protagonista è stata stata una signora molto verace, anche se non particolarmente istruita, dell’apparente età di 44/45 anni, la quale, senza preoccuparsi particolarmente di quanto stesse dicendo e di chi la stesse ascoltando, spiegava ad un’altra signora che lei non sarebbe più andata a votare se non avesse avuto nulla in cambio.
“A una mia amica hanno dato un televisore, se non daranno qualcosa anche a me non mi metterò a perdere tempo per loro.” Diceva alludendo ai candidati che l’avrebbero eventualmente contattata, per chiederle la preferenza.
Il secondo si è verificato nella sala d’attesa di un reparto ospedaliero del centro città; il protagonista è stato un signore, di circa 60 anni, il quale, incurante del disturbo arrecato ai presenti, preoccupati per la salute dei loro congiunti ricoverati, né dei ricoverati stessi, urlava al telefono, inveendo contro il suo interlocutore.
“Non mi interessa, facciano quello che vogliono! Basta o mando a quel paese anche te!” Continuava a ripetere, mentre continuava ad andare avanti e indietro lungo la corsia.
Il terzo si è verificato a metà della via Etnea di Catania ed i protagonisti sono stati i componenti di una famigliola: madre, padre e tre figli, di età compresa tra i 6 ed i 12 anni, i quali, dopo aver finito di consumare le loro patatine, hanno ritenuto opportuno gettare per terra i rispettivi sacchettini.
Di episodi del genere se ne verificano a migliaia in tutte le città della Sicilia e non solo ma, in questo caso, non potremmo assolutamente dire “mal comune mezzo gaudio”, perché di gaudio non si può proprio parlare, semmai parlerei di manifesta maleducazione.
Tuttavia, la buona educazione non si ottiene per decreto, dunque, se non si riesce a diffonderla con altri sistemi, ottenendone una pratica corrente, almeno in questo caso, prendersela con la classe politica non serve.
Qualcosa, però, la politica può farla! Ad esempio, proprio in Sicilia, grazie ai poteri attribuiti alla Regione dallo Statuto speciale, si potrebbe reinserire nei programmi didattici l’educazione civica e la storia locale, magari evitando di relegarle tra le materie minori, anzi, dando loro un peso notevole nella valutazione degli studenti.
Prima, però, sarebbe necessario educare gli insegnanti, a cui bisognerebbe ben illustrare le fasi importanti della vita di questa terra, da Federico II ai Vespri, dalla Rivoluzione del 1848 al separatismo, ecc.
E poi bisognerebbe continuare con lo spiegare bene la Costituzione Italiana, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo, lo Statuto autonomistico, ma anche il funzionamento dello Stato, della Regione, dei Comuni, degli Enti di previdenza e di assistenza, il Codice della strada e tanto altro, a cominciare da un concetto fondamentale: la responsabilità.
Se nel nostro DNA di cittadini, oltre ai concetti di diritto e di libertà, di cui spesso straparliamo, non riusciremo ad innestare anche quelli di dovere e di responsabilità, sarà difficile evitare che qualcuno abbandoni per terra i rifiuti che produce o disturbi gli ammalati ricoverati in un reparto d’ospedale.
Senza ben radicare nella mente di ciascuno di noi i concetti di democrazia e, dunque, di partecipazione, intesi come conquista civile, non certo come concessione, sarà difficile far intendere a quella signora del supermercato che lei deve votare non in cambio di qualcosa che dovrà avere, ma per difendere ciò che ha già avuto, anzi: di ciò che ha avuto grazie a milioni di persone, che hanno sacrificato la loro vita per consentirle di dire stupidaggini.
Tutti noi abbiamo il diritto di esprimere un’opinione, guai se così non fosse! Nessuno, però, ha il diritto di trasformare questa straordinaria possibilità che ci siamo conquistati nel dispregio dei diritti altrui, né nell’offesa del percorso democratico che, pur tra qualche difficoltà, è stato realizzato in tanti anni di Repubblica.
Recuperare il senso dell’orgoglio dell’appartenenza, inteso come elemento essenziale per la ricostruzione di un nuovo civismo siciliano, consapevole, partecipato ed efficace, vuol dire soprattutto conoscere e conoscersi, perché è dalla corretta conoscenza che scaturisce il rispetto che può portarci a non abbandonare rifiuti ovunque, a non urlare nei reparti d’ospedale, a difendere il diritto di voto e tanto, tanto altro!