Centinaia di migliaia di italiani, ogni giorno, a causa della crisi che solo la “propaganda di regime” si ostina a negare, sono costretti a scegliere tra il dover mangiare ed il dover pagare le tasse. Ovviamente, scelgono di mangiare.
Centinaia di migliaia di italiani, ogni giorno, sono costretti a scegliere tra il curarsi, attraverso uno zoppicante e costoso sistema sanitario, o pagare i libri di scuola dei figli e, ovviamente, si curano, non riuscendo più a seminare sapere.
Centinaia di migliaia di italiani, ogni giorno, sono costretti a scegliere tra il dover vivere oggi o il costruirsi una pensione per il domani e, ovviamente, loro malgrado, scelgono di vivere oggi, con la speranza, piuttosto vana, che il sistema previdenziale riservi loro un trattamento dignitoso, per quando ne avranno maturato il diritto.
Tutto questo accade perché il governo italiano, ma potremmo dire pure molti governi europei, per i quali le cose non sono affatto diverse, hanno rinunziato a mettere in campo politiche sociali, liberali e meritocratiche, preferendo adagiarsi sull’odio di classe, di ispirazione pauperista e falsamente egualitaria.
Spinti da una politica priva di idee e, purtroppo, anche di ideali, i rappresentanti delle istituzioni, salvo qualche rara eccezione, hanno affidato le economie dei rispettivi Paesi non al mondo della società reale, fatta di lavoratori, professionisti, imprenditori, pensionati, casalinghe, studenti, ecc. ma al mondo della speculazione finanziaria, che si nutre di disagi e di paure.
Più volte ho sostenuto che una tale scelta sarà letale per tutti: perché condannerà i popoli all’incertezza ed all’insicurezza, alleate di ferro della già citata speculazione, sottraendoli all’innato desiderio di istruirsi, di lavorare e di crescere.
Tutto questo, però, non basta per capire ciò che ci attende nei prossimi anni, eppure è chiaro, è nelle cose alle quali non ci opponiamo, preferendo rinunziare alla scelta in favore dell’ipocrita astensionismo!
Ci attende un Paese di poveri i quali, non avendo potuto pagare le tasse e la previdenza, saranno sostenuti da un precario welfare, a spese dei pochi che le tasse e la previdenza, sempre più alte, potranno continuare a pagarle ma che, prima o poi, come sta già accadendo, andranno via, in cerca di condizioni migliori.
Il Paese che verrà, però, sarà pure culturalmente impreparato: sarà prigioniero della tecnologia ma non saprà costruirla!
Tutto questo perché, ai disastri sessantottini, fondati sul “sei politico”, si sta sommando una scuola distratta, inadatta, sganciata dal mercato del lavoro, priva di autorevolezza, nelle mani di chi non ha voglia di studiare e di famiglie che non ne pretendono il rispetto, che tuttavia pretendono per se stesse: non sempre meritandolo!
Tra pochi anni, insomma, l’Italia sarà un Paese di pensionati sociali, i quali non avranno potuto costruire una solida posizione previdenziale, di tipo contributivo; sarà un Paese con un sistema infrastrutturale vecchio e maltenuto, del tutto antagonista dello sviluppo, e figlio della carenza di risorse pubbliche da destinare alla crescita economica, occupazionale, ma anche civile.
In quell’Italia di poveri e ignoranti, perché i ricchi e i competenti saranno già fuggiti via, si realizzerà il sinistro sogno pauperista nel quale campeggerà l’odio, alimentato anche da un falso concetto di eguaglianza, e si farà strada qualche improbabile autoritario e populista salvatore della Patria.
Uno di quelli che non sanno che la Russia non si affaccia nel Mediterraneo, uno di quelli che a scuola scaldava il banco e spendeva i soldi di papà, uno di quelli incapaci di svolgere un lavoro ma, proprio per questo, capaci di tutto!
Il fatto è che, a quel punto, della Patria per la quale furono in tanti a morire e sono in tantissimi a sopravvivere, sarà rimasto molto poco, anzi, quasi nulla: neanche le antiche vestigia che ci ricordano un passato di arte, di scienza, di genialità e di civiltà ormai dimenticato.
Per citare il grande e sempre attuale Giacomo Leopardi: “O patria mia, vedo le mura e gli archi/ E le colonne e i simulacri e l’erme/ Torri degli avi nostri,/ Ma la gloria non vedo…/Nuda la fronte e nudo il petto mostri…”