Quando si insediò il governo Conte due, molti giornalisti di regime brindarono con soddisfazione per la nomina di un ministro che si sarebbe occupato del Sud e per il fatto che, nel caso specifico, si fosse trattato di un giovane siciliano di buoni studi e di belle speranze. Non fui tra questi, anzi, mi dolsi per l’ennesima occasione perduta e feci notare subito che un ministero senza portafoglio, al massimo, avrebbe potuto organizzare qualche convegno.
In quella occasione, purtroppo per tutti noi meridionali, fui facile profeta e non me ne vanto affatto: avrei preferito avere torto pur di vedere un, sia pur piccolo, raggio di sole che potesse cominciare ad illuminare una parte di Italia, il Mezzogiorno, da troppo tempo dimenticata da tutti.
Tuttavia, lo confesso, speravo che un giovane, anche se alla guida di un dicastero privo di risorse reali, per il semplice fatto di essere siciliano, dunque di potersi rendere conto direttamente della situazione, e di aver avuto la possibilità di frequentare università di primissimo livello, qualcosa di originale l’avesse detta o fatta.
Lo so, sono un inguaribile ottimista. Lo sono perché non ho mai visto un pessimista raggiungere un traguardo ma, forse, nel caso in specie, lo sono stato anche troppo, magari perché condizionato dal mio sicilianismo partigiano e da una nota, quanto irrefrenabile, voglia di cambiamento e di rinnovamento metodologico e contenutistico.
Insomma, non mi sbagliavo sull’inqualificabile inutilità di un ministero per il Sud privo di portafoglio, ma mi sbagliavo clamorosamente sulle attese che avevo comunque riposto nei confronti del ministro, perché, fino a questo momento, non solo non è stato in grado di varare una benché minima proposta che abbia i crismi della serietà, cosa che avevamo previsto, ma non è stato neanche in grado di essere originale nell’unico spazio che gli è concesso: i convegni, le tavole rotonde, i seminari di studio.
Pensate che, nei giorni scorsi, intervenendo a Catania ad un evento organizzato dall’Università sul tema “Mezzogiorno, giovani e migrazioni: opportunità e scommesse del prossimo decennio”, cotanto importante rappresentante del governo centrale, quello stesso che ci nega ponte, autostrade, ferrovie, ecc. ci ha dottamente spiegato, come riportato dal quotidiano La Sicilia, che “queste migrazioni (si riferiva a quelle riguardanti gli oltre 20.000 siciliani che ogni anno lasciano l’Isola) ci preoccupano perché stanno rompendo un equilibrio demografico, diversamente da quelle degli anni ‘70, poiché è cambiato il contesto degli ultimi 20 anni, quando il Sud era la parte giovane dell’Italia, mentre oggi, per mancanza di strutture, servizi e welfare le giovani coppie non procreano più.”
Insomma, il ministro è preoccupato delle statistiche demografiche, non di ciò che ne determina le dinamiche. Poi, con dovizia di cifre, ci ha spiegato che questa situazione provocherà la mancanza di circa il 40% della popolazione in età da lavoro e che per superare tutto questo “bisogna riavviare il processo di sviluppo, partendo da politiche coordinate che sono mancate negli ultimi anni.”
Ecco, vedete, il ministro non ha un centesimo da investire in infrastrutture, attività produttive, cultura, servizi, sanità, ecc. tanto che si limita a fare il retorico conferenziere, ma in realtà non è colpa sua, perché, in vero, lui saprebbe bene quali sono le cose che servono, ciò che bisognerebbe fare.
Insomma non è vero che è del tutto inadeguato, come lo è il dicastero che dirige, perché lui è consapevole di cosa sarebbe importante porre in essere. Se fosse per lui lo farebbe subito, il fatto è che non ha avuto la possibilità di spiegarlo, nell’ordine: al presidente del Consiglio, al ministro dell’Economia, al ministro dello Sviluppo economico, al ministro delle Regioni, al ministro delle Infrastrutture, ecc.
Vi chiederete perché, dato che loro si vedono almeno una volta la settimana a Palazzo Chigi. La risposta è semplice: tutti quei signori, che singolarmente presi potrebbero pure essere delle brave persone, sono espressione di partiti nazionali che al Sud, nella migliore delle ipotesi, vengono a prendere i voti, ma che si guardano bene dall’utilizzarli a favore del Mezzogiorno, perché devono rispondere ad altri, a quelli che li hanno scelti, a quelli che li hanno finanziati, a quelli che li guidano, insomma alle aree forti, che così diventeranno sempre più forti.
Caro ministro, abbia rispetto dei suoi corregionali, abbia rispetto degli autori dei libri sui quali ha studiato e compia un gesto coraggioso: per una volta faccia davvero il giovane siciliano, come fecero quelli che persero la vita per conquistare l’autonomia, come fecero quelli che si opposero alla conquista dei Savoia, come fecero quelli che, ogni giorno, partono alla ricerca di un po’ di fortuna, quella che i convegni, da soli, non possono garantirgli.
Ecco, faccia come loro, faccia un gesto forte, si dimetta e sveli a tutti la trappola nella quale è precipitato lei e tanti altri in passato, tutti vittime, consapevoli o inconsapevoli, delle gabbie partitocratiche nelle quali pasce da sempre la politica italiana, altrimenti le “politiche coordinate che sono mancate negli ultimi anni” saranno pure le sue.