Gli italiani che leggono i giornali sono pochi, ancor meno sono quelli che leggono giornali politici o di informazione generale. Molto più fortunati sono i giornali sportivi o quelli scandalistici, i quali vendono un maggior numero di copie, ma incidono di meno sull’opinione pubblica che conta, soprattutto nella formazione delle coscienze civili.
Tutto ciò, però, non basta, infatti, tra i pochi che acquistano i cosiddetti “grandi giornali”, quelli delle “grandi firme”, spesso avanzate alla politica, tanti si limitano a leggere solamente i titoli e gli occhielli i quali, a loro volta, non sempre sintetizzano, con efficacia ed onestà professionale ed intellettuale, il contenuto dell’articolo, anzi, talvolta ne stravolgono il senso.
L’effetto di questo genere di lettura e di redazione, per far fronte alla quale nessun cittadino è mai stato adeguatamente addestrato, è la disinformazione, talvolta la cattiva informazione e, per mutuare un esempio recentemente utilizzato dall’ex sindaco di Enna, “l’impressionismo”, che ormai ha, quasi del tutto, sostituito la consapevolezza.
In fondo, è proprio così: il lettore medio di un giornale medio, il quale non ha il tempo, o la voglia, di andare oltre il titolo e l’occhiello, non può di certo formarsi un’opinione consapevole, dunque, si limita a farsi “un’impressione” dei vari fatti in cui si imbatte.
Si limita, cioè, a conoscere superficialmente l’immagine “compressa” di una notizia, talvolta sfocata, dubbia o inesatta, senza soffermarsi sui suoi aspetti collaterali, sulle ragioni delle parti, sulla veridicità delle affermazioni che vi sono contenute, sugli effetti che produce, sui motivi, non sempre nobili, che possono aver indotto il giornale o il giornalista a dire ciò che ha detto, ecc.
È così che abbiamo “l’impressione” che il Governo non governi, ma percepiamo soltanto l’aumento delle tasse e la riduzione del potere d’acquisto dei salari e non le cause che provocano tali conseguenze, magari legate a dinamiche per nulla economiche, bensì elettoralistiche o di gestione del consenso.
Abbiamo “l’impressione” che la Magistratura sia diventata un super potere, che risponde solo a se stesso, ma percepiamo soltanto l’esistenza di indagini che si aprono ma non si chiudono, di carceri sovraffollate e di processi dai tempi biblici, mentre ci sfuggono i danni che essa provoca all’economia, all’occupazione, allo sviluppo, oltre che alla vita di centinaia di cittadini innocenti i quali, loro malgrado, vi finiscono nelle elastiche maglie di cui dispone.
Abbiamo “l’impressione” che la burocrazia stia ingessando il Paese, nascondendosi dietro un velo di irresponsabilità e di nuova corruzione, ma non ci chiediamo quale sia il motivo per il quale è difficile riformarla, così anche per la scuola, l’università, l’assetto istituzionale e persino la Costituzione.
Siamo prigionieri del sistema nel quale viviamo, trascurando il dettaglio, per dirla con Filippo Turati, che “le ferrovie non servono per i ferrovieri, ma per i passeggeri” e che se uno Stato non risponde alle esigenze dei suoi cittadini rischia di perdere l’autorevolezza di cui deve poter disporre per governare.
Io ho l’impressione che così non duri, che questo stato di cose abbia raggiunto livelli di non sopportazione ormai privi di adeguati argini democratici, voi pensate pure ciò che volete, ma così non dura e bisogna reagire, soprattutto qui, in Sicilia!
Tuttavia c’è di peggio: a fronte di questa complessa situazione, all’orizzonte, al momento, non appare nulla di pronto, che sia in grado di contenere il travaso di promesse tradite, di obblighi illiberali, di insicurezza, di costosi apparati e di dilagante sfiducia che, purtroppo, il sistema medesimo produce ed incrementa vertiginosamente, di giorno in giorno.
È tardi, non c’è molto tempo, l’esondazione di rabbia e di delusione appare ormai prossima: cercasi politici capaci, rispettosi dei diritti e delle libertà altrui, lungimiranti, ben istruiti, competenti, onesti. Offresi sfiducia, disillusione e tanto debito pubblico, ma anche un popolo straordinario e una terra che non ha eguali.