Secondo un’indagine recentemente condotta dalla FABI, uno dei più grossi sindacati dei lavoratori del credito, il 50,7% dei prestiti garantiti andranno al Nord, dove però hanno sede soltanto il 38% delle partite iva e delle piccole e medie imprese. Appare evidente che, persistendo una simile situazione, siamo molto lontani dall’auspicata perequazione delle condizioni sociali, economiche ed infrastrutturali della quale tutti parlano ma per la quale pochi agiscono. 

Per essere più espliciti, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una grave ingiustizia nei confronti del Sud e della Sicilia a cui, come al solito, andranno le briciole. 

Perdonatemi il paternalismo ma, cari i miei corregionali, così stando le cose, non credo che ci si possa attendere niente dai partiti nazionali, che non faranno mai i nostri interessi, né ci permetteranno di ottenere strade, autostrade, scuole, ferrovie, porti e men che meno il ponte sullo stretto, per bloccare il quale si sono inventati il tunnel. 

Ciò posto è necessario che ci si renda conto che, per cambiare, intendo dire per cambiare davvero, non alla maniera del Gattopardo, ci vuole la partecipazione di tutti e non basta fare i leoni da tastiera, come se ne vedono tanti in giro, bisogna scendere in campo e metterci la faccia.

Leggendo i commenti ai post che pubblico quotidianamente, noto che la consapevolezza dei torti subiti dal Sud e dalla Sicilia comincia ad essere molto diffusa ed altrettanto profonda. In molte risposte gli amici auspicano che si faccia qualcosa. Ma chi dovrebbe fare qualcosa se non ciascuno di noi? 

Ognuno, nel proprio privato, può già fare qualcosa. Eppure sembra che tutti attendiamo che qualcuno faccia la prima mossa. Nessuno farà mai quello che spetta a noi fare, dunque muoviamoci insieme, ad esempio mettendoci in contatto, inviano un messaggio privato, fissando un appuntamento o facendo una telefonata con cui concordare un incontro operativo.   

Il sicilianismo ed il meridionalismo per il quale credo sia giusto ed urgente battersi non hanno nulla a che vedere con i modelli di ieri, se non la passione e sono lontani dagli esempi già naufragati in passato a causa della scarsa o assente visione politica dei loro leader, troppo sensibili al potere piuttosto che al fare. 

Al Sud ed alla Sicilia non serve un passato da sognare, né flaccide malinconie, ma un futuro da costruire con la partecipazione popolare, guardando all’Europa ed al Mediterraneo, in cui non può non pensarsi ad una grande “regione marittima” che bilanci la grande “regione continentale”. 

La Sicilia ed il Mezzogiorno non devono perdere le loro risorse, le loro intelligenze, la loro forza lavoro, anzi, devono metterle in rete. Per riuscirci serve una classe dirigente, onesta e preparata, capace di varare riforme efficienti, di ottenere infrastrutture moderne, di tutelare i prodotti locali e di conquistare i mercati nei quali piazzarli. In poche parole, ciò che serve è una classe dirigente che abbia una visione moderna ed efficiente verso la quale lavorare. 

In questo quadro, non vi è alcun dubbio che il tema della perequazione infrastrutturale è determinante per lo sviluppo sia del Sud sia della Sicilia. Insisto: senza scuole, reti energetiche e telematiche, ma soprattutto strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti e ponte è impossibile ipotizzare qualsiasi tipo di reale sviluppo capace di produrre benessere e occupazione. 

In assenza di un preciso modello di crescita per il Sud e per la Sicilia non può esserci neanche crescita per le altre parti d’Italia, che dovranno affrontare i loro problemi senza neppure poter contare sul determinante contributo che un Mezzogiorno che si sviluppa può fornire al PIL del resto del Paese e non soltanto come mercato di consumo, bensì come propulsore produttivo.

C’è un altro aspetto che non può essere trascurato. Il Sud e la Sicilia non potranno pensare di ripartire se non convinceranno i giovani che per loro può esserci un futuro senza le raccomandazioni e con il merito. Cos’ come è urgente spiegare al mondo del credito che il suo compito non è speculare, ma contribuire allo sviluppo economico,  senza il quale non ci sarà nulla su cui e per cui vendere denaro. 

Se non formeremo una classe dirigente fresca e lungimirante, se non contribuiremo a far nascere un partito fatto di persone oneste, competenti e coraggiose, che rispondano al territorio che lo esprime, se non costruiremo una burocrazia semplice e trasparente, se non ci impegneremo a fare squadra, abbandonando un individualismo becero e improduttivo, sarà  impossibile ottenere dalla politica nordista quanto ci ha sottratto, così come sarà impossibile guardare ad un futuro che sia realmente diverso dal solito passato miserabile, al quale non possiamo rassegnarci.