Non credo che, con i tempi che corrono, si possa sorvolare su alcuni comportamenti politici, su alcune recenti scelte di governo che potrebbero risultare irreversibili quanto gravi, soprattutto per le aree più deboli del Paese.
Con troppa semplicità, grazie anche agli audaci sistemi di comunicazione sempre più invasivi, propagandistici, accondiscendenti o pedissequi, sempre più spesso, si scambia la forza elettorale con la competenza e la capacità di governare, salvo poi rimanerne delusi.
Incessante, in tal senso, è una citazione di Platone, perfettamente applicabile al contesto nel quale siamo vivendo ed al quadro di pericolosa improvvisazione nel quale operano gran parte dei membri del governo italiano.
Secondo l’illustre filosofo, “In politica presumiamo che tutti coloro i quali sanno conquistarsi i voti, sappiano anche amministrare uno Stato o una città. Quando siamo ammalati chiamiamo un medico provetto, che dia garanzia di una preparazione specifica e di competenza tecnica. Non ci fidiamo del medico più bello o più eloquente.”
Mai la frase fu più attuale di adesso. Eppure c’è ancora chi pensa che la politica non serva per realizzare il bene comune, ma per conquistare il potere, senza comprendere che l’unico potere che abbia un senso reale detenere è quello che realizza il bene comune, non certo la rigenerazione del potere medesimo, senza alcun altro nobile obiettivo.
Noi siciliani, ad esempio, in più occasioni, siamo caduti nella trappola di chi ci ha fatto credere che per cambiare le sorti della nostra regione fosse sufficiente vincere le elezioni, inducendoci spesso a schierarci con il vincente in quanto tale, non in quanto portatore di un fondato progetto di sviluppo.
Al destinatario del nostro consenso non abbiamo chiesto obiettivi o risultati, ci siamo limitati a percepirne il successo per poterne fruire a titolo personale, non nell’interesse generale, come avremmo dovuto fare.
Accecati da questa convinzione, negli anni, e mi riferisco soprattutto al dopoguerra, ma non solo, ci siamo sempre precipitati in soccorso del vincitore, lo abbiamo fatto con proterva determinazione, scambiando qualche modesto vantaggio individuale per una svolta decisiva.
Nel corso della nostra storia, siamo stati conquistati e dominati decine di volte e ancora lo siamo, sia pure in maniera diversa. In cambio abbiamo avuto qualche privilegio, non sempre concreto e reale; qualche piccolo investimento, assolutamente insufficiente a garantirci lo stesso passo delle altre regioni; alcune miserabili tolleranze, legate al nostro modo di essere isole nell’Isola.
Insomma, ci siamo venduti per qualche pacco di pasta, per qualche litro di olio, per qualche falsa pensione di invalidità, per qualche comodo seggio in Parlamento, senza riuscire ad avere una visione generale delle cose, senza riuscire a progettare insieme un futuro fondato sui diritti, non certo sulle concessioni.
A causa di questo discutibile modo di agire, abbiamo permesso che il nostro territorio venisse saccheggiato ed inquinato, che i nostri prodotti agricoli venissero usati come merce di scambio con le produzioni meccaniche realizzate altrove, che il sistema stradale ed autostradale non venisse completato, che quello ferroviario si fermasse agli inizi del’900 del secolo scorso.
Oggi, con grande dolore per Platone ed in dispregio dei suoi saggi consigli, sta accadendo la stessa cosa e non c’è verso di capire e di far capire che il nostro livello di bene comune non si misura con quello di qualche furbo beneficiato, ma con quello dell’ultimo diseredato, la cui miseria rappresenta il metro attraverso il quale misurare la nostra.
Riusciremo, in tempi brevi a riconquistare un minimo di senso critico, a rivendicare ciò che ci spetta, a pretendere il rispetto degli standard infrastrutturali del resto del Paese, obbligando i governi che si susseguiranno a mantenere gli impegni assunti, nino soltanto a vincere le elezioni?
Non lo so ma lo spero, anche perché un risultato come quello che auspico fortemente non si ottiene per caso: è frutto di un grande lavoro al quale solo in pochi mi pare che stiano lavorando.