La burocrazia italiana, non è affatto una novità, costituisce una pesante e costosa palla al piede per lo sviluppo dell’economia, ma anche per la qualità della vita di ciascuno di noi. Per comprendere meglio questo concetto basta fare qualche esempio.
Nel nostro Paese, per aprire un esercizio commerciale, bisogna attivare quattordici procedure e attendere una media di duecentocinquantasette giorni; negli Stati Uniti le procedure sono di più: diciannove, ma i giorni entro i quali ottenere il risultato sono un sesto dei nostri, appena quaranta.
Anche negli altri Paesi europei le cose vanno meglio che in Italia: nel Regno Unito le procedure sono undici e i giorni necessari circa novantacinque; in Germania le procedure sono dodici e i giorni necessari cento; in Francia le procedure sono tredici e i giorni centotrentasette, tanti, ma molti di meno che nel nostro Paese.
Se bisogna costituire un governo, poi, siamo arrivati a quasi novanta giorni: quasi un record, degno di migliori fortune!
Scherzi a parte, nel rapporto tra procedure necessarie e tempo impiegato per ottenere ciò che è stato richiesto, l’Italia è al centoquarantatreesimo posto al mondo, dietro la Spagna, che si trova al centoventiseiesimo posto ed agli altri Paesi dell’Unione Europea, con in testa il Regno Unito che, nonostante presenti una situazione di gran lunga migliore della nostra, si trova, comunque, “solo” al ventottesimo posto al mondo!
A questo punto, chiedersi perché il nostro PIL cresca più che lentamente e perché le nostre imprese stentino a resistere all’impatto con la globalizzazione non serve, perché questi pochi dati la dicono sin troppo lunga. E allora?
Allora, credo che una profonda riforma burocratica non sia più rinviabile, credo che non basti soltanto cancellare migliaia di leggi inutili e datate, credo sia urgente cambiare profondamente l’intero sistema, passando da un regime tendenzialmente autorizzatorio, a un regime tendenzialmente asseveratorio, in cui si dia maggiore peso alle responsabilità.
Di chi? Ovviamente di tutti: della stessa burocrazia, per prima, ma anche dei privati, delle imprese, dei professionisti, delle istituzioni, della politica!
Se esiste un quadro normativo chiaro e preciso, perché non puntare sulla responsabilità dei singoli? Perché non lasciare alla Pubblica Amministrazione solo il compito di controllare in maniera stringente?
In un sol colpo ridurremmo i tempi di avvio di una qualsiasi attività, alleggeriremmo il peso e il costo dell’amministrazione, che in atto ricade tutto sui contribuenti, ma contribuiremmo anche a costruire un Paese moderno, competitivo e molto meno corrotto di quello attuale!
Già, non bisogna dimenticare quest’ultimo aspetto! Sempre più frequentemente, infatti, sono i burocrati che cadono nella rete della corruzione che, talvolta, essi stessi hanno abilmente steso intorno ai loro uffici.
Sui costi della burocrazia e della corruzione, com’è noto, si sono scritte decine di libri e tuttavia si è sempre fatto poco, anzi, quel poco che si è fatto si è fatto pure male, proprio perché si è avuta la presunzione di rendere oggettiva e trasparente qualsiasi procedura, mentre, al contrario, si è solo spostato il centro dell’interesse illecito da un ambito all’altro.
Mi spiegherò meglio, almeno lo spero! Un tempo, la criminalità organizzata tentava di alterare le procedure di gara, partecipava direttamente agli incanti, attraverso ditte rappresentate da prestanome o impedendo alle aziende concorrenti di essere presenti agli appalti.
Oggi non è più così! Oggi il crimine, la corruzione e il malcostume si insinuano nelle fasi successive alle gare: intervengono nelle perizie, nei controlli, nei collaudi, nelle forniture, persino nelle assunzioni della manodopera, nel movimento terra, nello smaltimento dei rifiuti di lavorazione, nella sorveglianza dei cantieri ecc.
Perché? È molto semplice! Le attenzioni giudiziarie e mediatiche, grazie a una normativa del tutto inadeguata, sono concentrate nelle fasi di indizione e di aggiudicazione: del dopo si interessano in pochi e quei pochi, normalmente, sono dei poveracci, facilmente corruttibili.
Chi misura esattamente lo strato di bitume del manto stradale? Chi pesa la quantità di rifiuti inerti? Chi verifica la quantità di toner contenuto nei ricambi delle fotocopiatrici o delle stampanti? Chi controlla i metri cubi di terra movimentati durante un lavoro? Chi accerta i consumi di benzina dei mezzi di servizio? Chi dosa i cibi dei ricoverati negli ospedali o dei reclusi nelle carceri?
E soprattutto: chi controlla coloro i quali avrebbero dovuto accertare che tutto sia andato per il verso giusto e non lo hanno fatto correttamente, se non si stabiliscono, a monte, livelli di responsabilità e sanzioni?
Non è un quiz, è solo un indizio, ma non servirà assolutamente a nulla!