di Angelo Messina

Il problema
La istituzione di 5 Parchi regionali, oltre 70 Riserve Naturali, 6 Aree Marine Protette e circa 200 tra Siti Natura 2000 (SIC, ZPS), istituzioni alle quali la Regione Siciliana ha affidato circa il 12% del proprio territorio con il preciso compito di recuperare, promuovere e tutelare il nostro eccezionale patrimonio naturalistico e culturale, pone certamente la Sicilia ai primi posti in Europa in tema di superficie impegnata per preservarne e rendere fruibili anche per le future generazione i valori in essa espressi.
Però, a questo dato indubbiamente motivo di vanto, si contrappone il fatto estremamente preoccupante che l’intero sistema delle nostre Aree Protette, dai Parchi alle Riserve, alle Aree Marine da anni versa in uno stato di crisi profonda.

Normativa principale di riferimento
– 1981 – L. R. l 6 maggio 1981, n. 98. Norme per l’istituzione nella Regione Siciliana di Parchi e Riserve Naturali
– 1984 D.M. 15 dicembre 1984. Regolamentazione delle attività consentite nelle Riserve naturali dello Stato istituite su demani comunali.
– L. 6 dicembre 1991, nr 394. Legge quadro sulle aree protette.

I precedenti
La istituzione di Aree Protette, iniziata sul finire degli anni ’90, ha richiesto grande impegno e soprattutto una puntuale ed attenta opera di informazione ed educazione ambientale delle comunità interessate. Tale opera si è resa indispensabile per superare momenti di grande avversione da parte di cittadini ma anche di enti locali e portatori di interesse che, ritenendosi limitati nella disponibilità della proprietà o addirittura espropriati, a lungo si sono opposti con veemenza alla istituzione di Parchi e Riserve Naturali.
E’ grande merito della puntuale e capillare attività di comunicazione svolta a vario livello l’avere fatto maturare nei cittadini il convincimento che le Aree Protette avrebbero portato sviluppo e benessere duraturo per il proprio territorio. Tale convincimento ha praticamente ribaltato nel tempo l’iniziale atteggiamento di rifiuto che a lungo si era mantenuto a livelli prossimi al 75%.
Proprio a cavallo degli anni 2000, ad avvalorare il convincimento che Parchi e Riserve avessero tutti i requisiti per affermarsi come soggetti positivi in grado di svolgere un importante e insostituibile compito propositivo di iniziative finalizzate alla crescita sociale ed economica del territorio contribuì un considerevole sviluppo del turismo internazionale verso le aree ad elevata naturalità con una consistente crescita di domanda di servizi verso le aree naturali. Tale tendenza certamente esaltava il ruolo economico delle Aree Protette che avrebbero potuto acquisire le caratteristiche, anche sotto il profilo occupazionale, di soggetti strategici capaci di innescare nuovi e significativi processi durevoli e sostenibili di sviluppo socio-economico.

La realtà attuale
Oggi la Regione Siciliana si ritrova ad elargire annualmente una lauta risorsa economica a 5 Enti Parco, con tanto di Presidente, Direttore e personale vario e ad una ristretta lobby di Associazioni ambientaliste alle quali è stato riconosciuto, senza alcuna procedura di valutazione comparativa, il privilegio di gestire, praticamente sine die, oltre una ventina di Riserve Naturali con altrettanti Direttori e più del doppio di Operatori di Riserva.
Per non parlare delle decine di Riserve Naturali affidate alla A.FF.DD. In totale fanno circa 70 Riserve Naturali.
Ed ancora, oltre alle risorse economiche per il personale, la Regione Siciliana mette a beneficio degli enti gestori anche una dotazione annuale per lo svolgimento di attività varie, in particolare di vigilanza del territorio e di accoglienza dei visitatori ma anche di ricerca, divulgazione, promozione e fruizione sostenibile dei suoi valori.
Come se ciò non bastasse, agli enti gestori di Parchi e Riserve Naturali vengono riconosciuti i requisiti di attingere a cospicui finanziamenti comunitari.

Aspettative disattese
Malgrado questi allettanti incentivi, Parchi, Riserve Naturali e Aree Marine Protette non hanno fatto niente di più che svolgere fumose e stantie iniziative, sempre più autoreferenziate e fine a sé stesse, magari con qualche vaga velleità di carattere educativo ma in ogni caso totalmente incapaci di mantenere le aspettative di coinvolgimento dei locali e di crescita occupazionale che ci si attendeva da loro.
Inizialmente, negli anni ’90, sembrava che alcuni enti gestori avessero preso sul serio il loro compito e, apparentemente consapevoli dell’importanza del coinvolgimento dei locali nella vita e nella gestione condivisa delle riserve naturali a loro affidate, hanno utilizzato i fondi regionali per dotarsi di centri di accoglienza dei visitatori e di strutture museali per divulgare le conoscenze del patrimonio naturalistico e culturale del territorio loro affidato. Purtroppo, tutto questo fervore è durato poco e ben presto i soggetti gestori hanno ridotto sempre più i contatti con il territorio, hanno limitato drasticamente i servizi di vigilanza con conseguenze in qualche caso drammatiche, come nella non dimenticata tragedia consumata nella riserva di Macalube di Alagona, hanno chiuso i centri di accoglienza e smantellato le strutture museali.

Oggi il bilancio delle Aree Protette appare decisamente fallimentare.
Non sono state in grado di promuovere alcuna attività di coinvolgimento delle comunità locali, non svolgono neanche un’adeguata attività di vigilanza con conseguenze talora anche tragiche, non attuano significative iniziative di fruizione sostenibile dell’Area protetta in affidamento.
Allora c’è da chiedersi, quale sia stato sinora il valore aggiunto, in termini di sviluppo sostenibile, che i 5 Parchi Regionali di Sicilia, quello delle Madonie, dell’Etna, dei Nebrodi, il Parco Fluviale dell’Alcantara e quello dei Sicani, hanno portato alle popolazioni locali le cui proprietà sono state “premiate” unicamente dal fatto di essere sottoposte ai rigidi vincoli del regolamento del Parco. Come si può parlare con queste premesse di istituire altri Parchi che non siano carrozzoni di sottopotere?
Ancora più deludente appare il panorama delle decine e decine di Riserve Naturali terrestri che costellano tutto il territorio di Sicilia, per non parlare di SIC e ZPS.

Appare chiaro come il mondo delle Aree Protette di Sicilia velocemente è stato spinto verso uno stato di colpevole abbandono che oggi appare inaccettabile. L’elenco di esempi di Parchi e Riserve Naturali abbandonati a sé stessi è molto lungo. Per avere un quadro esplicativo della drammatica situazione di degrado è sufficiente visitare un’Area Protetta.
Oasi del Simeto, Grotte Immacolatelle e Micio Conti di San Gregorio, Isola Lachea e faraglioni dei Ciclopi, Fiume Fiumefreddo, Fiume Ciane e Saline di Siracusa, Grotta Monello, Grotta Palombara, Complesso speleologico S. Alfio – Villasmundo, Saline di Priolo, Pantani della Sicilia sud orientale, Biviere di Gela, Isola di Capo Passero, Isola Bella, Vallone di Piano della Corte, Saline di Trapani e Paceco, Macalube di Alagona, sono solo alcuni dei tanti esempi che testimoniano lo stato di colpevole negligenza in cui versano le Riserve Naturali di Sicilia.

Non molto diversa è la situazione delle Aree Marine Protette la cui competenza è in primo luogo del governo centrale tramite il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. La Sicilia, assieme alla Sardegna, è la regione che vanta il maggior numero di Aree Marine Protette che tutelano circa 100 mila ettari di superficie marina. Isola di Ustica, Isole Ciclopi, Isole Egadi, Isole Pelagie, Capo Gallo-Isola delle Femmine, Plemmirio…. Anche in questo caso tante risorse annualmente sprecate per mantenere in vita strutture ormai completamente avulse dal territorio e che sopravvivono defilate solo per gli interessi di pochi e non certamente delle collettività
E che dire dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS)?
In Sicilia si contano oltre 200 di queste aree per le quali sono state impiegate cospicue risorse economiche per definirne i valori istituzionali, tracciarne la perimetrazione e per redigerne i rispettivi piani di gestione. Mai attuati. Tutto si ferma lì.

Criticità e Programma di intervento
1.- Parchi, Riserve Naturali e Aree Marine Protette, oltre al reale svolgimento dei compiti istituzionali, debbono coinvolgere le comunità locali e proporsi concretamente come punti di riferimento territoriale, centri di iniziative, volano ed esempio di sviluppo sostenibile e duraturo del territorio.

  1. Enti Parco. La nomina dei vertici direttivi, Presidente e Direttore, oggi di fatto esclusivamente di pertinenza politica che spesso ricorre alla pratica del commissariamento, deve avvenire tramite bando pubblico di selezione e valutazione comparativa dei titoli.
    3.- Riserve Naturali. I Soggetti a cui va affidata la gestione vanno scelti a seguito di una preliminare verifica del possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dei compiti istituzionali e sulla base di un valutazione comparativa del programma di attività triennale che si intende attuare e delle contributo di risorse che il potenziale soggetto gestore rende di disponibile. Inoltre, l’avere avuto in affidamento una Riserva Naturale non può e non deve costituire in alcun modo titolo preferenziale per la scelta del Soggetto gestore.

4.- Direttore di Riserva Naturale. Il ruolo deve essere affidato tramite bando pubblico a persona con i requisiti di esperienza ed in possesso dei titoli specificatamente richiesti dalla normativa (tabella A, L.R. n. 14/88).
5.- Il ruolo di Direttore e di Operatore di Riserva. Deve essere incompatibile con altre attività non previste dal Decreto istitutivo e dal Regolamento della Riserva.
6.- Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN)
La composizione di questo importante strumento è stabilita dalla legge regionale n. 98 del 6 maggio 1981 (articolo 3, comma 1, lettera c) che di fatto prevede rappresentanti delle Università siciliane e di un ristretto numero di Associazioni Ambientaliste, 6 in tutto (Italia nostra, WWF, Club alpino italiano, Lega per l’ ambiente, Lega italiana per la protezione degli uccelli (LIPU), dai Gruppi di ricerca ecologica (GRE).
Questo fatto, oltre a determinare una situazione di totale immutabilità nel tempo delle poche Associazioni che hanno un proprio rappresentante nel CRPPN, si traduce in un palese conflitto di interessi. Infatti, le suddette Associazioni (anche le uniche che da sempre hanno in affidamento Riserve Naturali siciliane) controllano e giudicano il proprio operato nella gestione delle Riserve Naturali in affidamento attraverso i propri rappresentanti in seno al CRPPN.
7.- Aree Marine Protette
Si comportano alla stregua di istituzioni che sfuggono a qualsiasi controllo, collaborazione e competenza della Regione Siciliana.
Anni fa si è lavorato ad una ipotesi di accordo Stato-Regione proprio sul management delle Aree Marine Protette. Che io sappia, non se ne fece niente.
Angelo Messina