di Roberta Cannava
“Ogni epoca storica tende a privilegiare una determinata malattia (la tisi nell’Ottocento, la sifilide nel Settecento) che diventa l’immagine metaforica di una determinata società, di un determinato mondo. Non c’è dubbio che il disturbo del comportamento alimentare per i suoi legami con l’identità corporea, mai come in questa epoca connessa con la sicurezza del Sé, con il cibo, amico e nemico, abbondanza e mancanza nello stesso tempo, con l’ossessiva declinazione dell’apparenza, con la sofisticata capacità di evolvere e mimetizzarsi che ricorda quella dei virus, si presti a rappresentare ed esprimere molti dei grandi temi, paure e contraddizioni della nostra epoca” [tratto da: La casa delle bambine che non mangiano, Laura Dalla Ragione].
Il 2 giugno è stata la giornata mondiale dei disturbi alimentari.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) (anoressia e bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata) sono patologie complesse, conseguenti a disturbi psicopatologici, che alterano profondamente la qualità della vita dei giovani pazienti e delle loro famiglie, arrivando a provocare conseguenze fisiche anche gravissime, quali insufficienza renale, osteoporosi, alterazioni cardiovascolari, e in alcuni casi la morte. Nell’ottica del modello bio-psico-sociale le cause dei DCA sono neurobiologiche e genetiche, relazionali e socio-familiari, questi fattori concorrono in maniera diversa allo sviluppo e al mantenimento del disturbo del comportamento alimentare.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i DCA rappresentano in Italia un problema serio, con un incremento costante tra le donne, nella fascia tra i 10 e i 25 anni.
Le donne che soffrono di anoressia nervosa in Italia sono circa 25.000; quelle affette da bulimia circa 100.000. In adolescenza, l’anoressia nervosa il rapporto maschi-femmine è di 1 a 9 (https://www.salute.gov.it/portale/donna)
I DCA se non trattati hanno effetti devastanti sulla salute sulla qualità di vita di adolescenti e giovani adulti.
I DCA si caratterizzano per la presenza di numerose complicanze sia dal punto di vista psicologico sia dal punto di vista fisico. Sono spesso associati a fattori psicopatologici quali rabbia e aggressività, bassa autostima, che ne condizionano esordio e la cura.
Nei disturbi del comportamento alimentare l’immagine corporea è fortemente legata al giudizio esterno, al raggiungimento di un determinato peso, alla non percezione della sensazione di fame, all’adesione dell’immagine allo specchio ad un ideale o alla sensazione che arriva dai vestiti.
Quando il peso non è quello desiderato vi è un repentino abbassamento dell’umore, un aumento della rabbia, la percezione del sentimento di vergogna e inadeguatezza con la conseguente tendenza all’isolamento e alla restrizione alimentare.
La pandemia, l’isolamento, la paura, l’impossibilità di vedere una fine, continua a incidere enormemente sulla salute psicologica delle persone, rendendole più stanche, arrabbiate, vulnerabili e sfiduciate.
Alcuni studi hanno confermato che, in situazione particolarmente stressanti come quella legata alle restrizioni cui siamo stati sottoposti per fronteggiare la pandemia di COVID-19, alimentando ansia e stress, possono portare all’attivazione di disturbi alimentari, che a loro volta generano una percezione distorta di immagine corporea sia negli uomini che nelle donne.
Durante il lock-down il tempo trascorso a casa a guardare un computer o la Tv è aumentato; ciò facendo siamo stati maggiormente esposti, tramite i messaggi mediatici a ideali magri e atletici, di contro il tempo per lo sport ha subito un fortissimo STOP!! Siamo stati costretti ad inattività e chiusure forzate, il che ha acuito l’insorgere di pensieri negativi sulla propria forma fisica.
Se all’inizio di una situazione di crisi le persone attivano, involontariamente, un meccanismo difensivo con cui, appunto, l’organismo si sforza di superare le difficoltà per poi tornare al suo normale equilibrio (Sindrome generale di adattamento – GAS) è possibile che l’ansia e lo stress aggiuntivi causati da COVID-19 possano aver allentato l’attivazione delle strategie che si utilizzano per gestire i pensieri negativi.
Dallo studio emerge inoltre che, quando le persone sono stressate o ansiose, come durante un evento pandemico, anche le relazioni, degli uomini e delle donne, con i loro corpi, in termini di ideali corporei maschili e femminili ne subiscono le conseguenze: le donne dichiarano di sentirsi sotto pressione nel tentativo di conformarsi ai ruoli tradizionalmente femminili – della cura e della forma fisica snella, ciò può avere portato le donne a sentirsi insoddisfatte del proprio corpo e un maggiore desiderio di magrezza. […] dall’altro, se la mascolinità enfatizza tipicamente il valore della forza, dell’autosufficienza, gli uomini dichiarano di aver dato maggior valore all’importanza di un tono muscolare elevato, con una sensazione ansiogena associata all’insoddisfazione derivante della quantità di grasso corporeo accumulato durante la pandemia (Swami et al., 2020).
I DCA se non trattati hanno effetti devastanti sulla salute e qualità di vita dei giovani pazienti e delle loro famiglie.
Per chi ne soffre il corpo diventa un “contenitore” dentro cui canalizzare le ansie, i timori, i fallimenti, e le delusioni. Proporre dei percorsi di supporto psicologico nei confronti di queste persone rispetto alla propria corporeità può rivelarsi uno strumento efficace.
Data la loro complessità, l’intervento tempestivo è essenziale, così come la collaborazione multidisciplinare tra professionisti (medici, dietisti, psicologi), ai fini di una diagnosi precoce, di una tempestiva presa in carico del paziente, all’interno di un percorso di integrato.