La situazione in cui attualmente versa l’intero sistema delle nostre Aree Protette, alle quali è affidata la tutela di circa il 12% dell’intero territorio isolano, diventa ogni giorno più grave nella totale indifferenza. Eppure, la realizzazione di questo notevole patrimonio, allo stato costituito da 5 Parchi regionali, da oltre 70 Riserve Naturali, 6 Aree Marine Protette, circa 200 tra Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale, ha richiesto anni di grande impegno e soprattutto una puntuale ed attenta opera di comunicazione, elementi indispensabili per superare momenti di grande avversione da parte di enti locali e cittadini che, ritenendosi limitati nella disponibilità della proprietà o addirittura espropriati, a lungo si sono opposti con veemenza alla loro istituzione. Fortunatamente il convincimento che le Aree Protette avrebbero portato sviluppo e benessere ha modificato nel tempo l’iniziale atteggiamento di rifiuto che a lungo si è mantenuto a livelli di rifiuto prossimi al 75%.
Sul finire degli anni ’90 a poco a poco si diffuse il convincimento che Parchi e Riserve avessero i requisiti per affermarsi come soggetti positivi in grado di svolgere un importante e insostituibile compito propositivo di iniziative finalizzate alla crescita sociale ed economica del territorio: infatti, a cavallo degli anni 2000 si registrò un considerevole sviluppo del turismo internazionale verso le aree ad elevata naturalità con una consistente crescita di domanda di servizi verso le aree naturali. Tale tendenza esaltava il ruolo economico delle Aree Protette che avrebbero potuto acquisire le caratteristiche, anche sotto il profilo occupazionale, di soggetti strategici capaci di innescare nuovi e significativi processi durevoli di sviluppo socio-economico.
Purtroppo, ancora una volta la nostra isola brucia un’ottima occasione per il recupero, la promozione e la fruizione dei valori naturalistici e culturali del proprio territorio in un’ottica di sviluppo socio-economico sostenibile. Infatti, nonostante le sue grandi potenzialità, il mondo delle Aree Protette si è rapidamente afflosciato ed oggi si ritrova incamminato mestamente verso il suo totale declino.
In Sicilia, come peraltro in tante altre regioni d’Italia, esaurita l’iniziale spinta dell’entusiasmo, i soggetti incaricati della loro gestione si sono rapidamente impigriti ed oggi hanno praticamente perso di vista i compiti istituzionali delle aree naturali a loro affidate e limitano il proprio impegno a farle sopravvivere con l’unico scopo di mantenere il privilegio del loro foraggiamento pubblico. E così oggi la Regione Siciliana si ritrova ad elargire annualmente una lauta risorsa economica a 5 Enti Parco, con tanto di Presidente, Direttore e personale vario e ad una lobby di 8 Associazioni ambientaliste alle quali è stato riconosciuto il privilegio di gestire oltre una ventina di Riserve Naturali con altrettanti Direttori e più del doppio di Operatori di Riserva.
Ed ancora, oltre alle risorse economiche per il personale, la Regione Siciliana mette a disposizione degli enti gestori anche una dotazione annuale per lo svolgimento di attività varie, in particolare di vigilanza del territorio e di accoglienza dei visitatori ma anche di ricerca, divulgazione, promozione e fruizione sostenibile dei suoi valori. Come se ciò non bastasse, gli enti gestori di Parchi e Riserve Naturali sono anche abilitati ad attingere a cospicui finanziamenti comunitari.
Malgrado questi allettanti incentivi, Parchi, Riserve Naturali e Aree Marine Protette non hanno fatto niente di più che svolgere fumose e stantie iniziative sempre più autoreferenziate e fine a sé stesse, magari con qualche vaga velleità di carattere educativo ma totalmente incapaci di mantenere le aspettative di coinvolgimento dei locali e di crescita occupazionale che ci si attendeva da loro.
C’è da chiedersi, quale sia il valore aggiunto in termini di sviluppo sostenibile che i 5 Parchi Regionali di Sicilia, quello delle Madonie, dell’Etna, dei Nebrodi, Fluviale dell’Alcantara e dei Sicani, hanno portato alle popolazioni locali le cui proprietà sono sottoposte ai rigidi vincoli del regolamento del Parco.
Ancora più desolante appare il panorama delle decine e decine di Riserve Naturali terrestri che costellano tutto il territorio di Sicilia, per non parlare di SIC e ZPS. Inizialmente, negli anni ’90, alcuni enti gestori avevano preso sul serio il loro compito e, consapevoli dell’importanza di coinvolgere i locali nella vita e nella gestione condivisa delle riserve naturali a loro affidate, hanno utilizzato i fondi regionali per dotarsi di centri di accoglienza dei visitatori e di strutture museali per divulgare le conoscenze del patrimonio naturalistico e culturale del territorio. Purtroppo, tutto questo fervore è durato poco e ben presto i soggetti gestori hanno ridotto sempre più i contatti con il territorio, hanno limitato drasticamente i servizi di vigilanza con conseguenze in qualche caso drammatiche, hanno chiuso i centri di accoglienza e smantellato le strutture museali, spingendo così il mondo delle Aree Protette di Sicilia verso uno stato di colpevole abbandono che oggi appare insostenibile.
Nino Messina