Difendersi e difendere un territorio e un popolo da scomodi luoghi comuni, spesso coniati per coltivare “pruriginosi” interessi di altri, non è facile, soprattutto se non si hanno a disposizione argomenti, risorse, uomini e mezzi adeguati.
Nel tempo in cui “una menzogna ripetuta tre volte diventa una verità conclamata” ed in cui la parola di un delinquente pluriomicida vale più di quella di una persona perbene caduta, per errore, nelle maglie di una giustizia corrotta, irresponsabile ed autoreferenziale, è difficile sconfiggere il venticello della calunnia.
La difesa, poi, diventa pressoché impossibile se le istituzioni funzionano male, se non si difendono, né si migliorano, se il popolo ed il territorio in questione non dispongono di mezzi di informazione di rango nazionale in grado di ristabilire la verità e se hanno un’innata predisposizione verso la creduloneria.
È il caso della Sicilia e dei siciliani che, negli ultimi 200 anni circa ed in questo momento in particolare, si trovano privi di un’economia forte, privi di un giornale nazionale che ne difenda le ragioni, privi dell’energia istituzionale necessaria a rimediare e smentire.
In queste condizioni, qualsiasi stupidaggine venga detta sulla nostra Regione diventa luogo comune, anzi, diventa verità conclamata, del genere di quella frutto di una menzogna ripetuta tre volte, di cui si è già detto.
La Sicilia si trova nella stessa condizione in cui si trova la ragazza del lanciatore di coltelli: ferma, impaurita, inerme ma speranzosa.
Se i coltelli vengono lanciati correttamente non succede nulla di grave e lei, al massimo, resta ferma, impaurita, inerme e speranzosa come prima, ma se il lanciatore sbaglia può rischiare di essere ferita e persino di morire.
Un autentico rilancio della nostra Regione non può non tenere conto, oltre che degli aspetti culturali ed infrastrutturali, anche delle condizioni legate alla corretta informazione locale e generale, altrimenti non è in grado di difendersi.
Il Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole24ore, la Stampa, il Messaggero, Libero, Il Giornale, il Mattino, il Fatto Quotidiano, tutti i settimanali quotati hanno la società editrice, la direzione e la redazione centrale a nord di Napoli o a nord di Roma.
Tuttavia il problema non è logistico, non è di sede, ma di linea editoriale e di sincera lealtà da parte dei giornalisti di queste testate, tendenzialmente allineati sulle posizioni, spesso strumentali, dei loro datori di lavoro.
A questo si aggiunga anche un altro strano fenomeno legato alla scarsissima offerta lavorativa, purtroppo drammaticamente presente anche nel campo dell’informazione.
Questa condizione impone prima l’emigrazione e poi l’adattamento cosicché, persino i giornalisti migliori provenienti dalla Sicilia si adagiano sui comodi luoghi comuni coniati da chi ci vuole pigri, svogliati, spendaccioni e irredimibili, trascurando il dettaglio che siamo stati noi siciliani a consentire il boom industriale del nord.
Se la Sicilia non sarà capace di dotarsi di uno o più giornali a diffusione nazionale, in grado di ristabilire le verità che la riguardano, non potrà mai difendersi né dalle menzogne, né dai luoghi comuni, così come, se non sarà capace di correggere rapidamente gli errori politici che ne hanno contraddistinto la vita ed il comportamento, non potrà mai risollevarsi, auto condannandosi al sottosviluppo.
La nascita di un’informazione siciliana di rango nazionale, però, potrebbe non significare nulla se non fosse capace di interpretare e promuovere una profonda e diffusa presa di coscienza, rispetto al fatto che nessuna libertà può essere garantita se non la si connette rigorosamente al concetto di responsabilità.
Un giornale siciliano che abbia diffusione nazionale, infatti, potrebbe ribaltare le menzogne, potrebbe sconfiggere i luoghi comuni, potrebbe ricostruire una coscienza consapevole e vitale ma solo se essi sono tali, non certo se riflettono la verità.
Ecco perché il comodo lamento non è sufficiente, ecco perché la Sicilia di oggi, tradita da 200 anni di errori ed ulteriormente delusa dalle recenti politiche di governo, alle quali si era fiduciosamente affidata, deve ritrovare se stessa.
Ecco perché, evitando di credere che possa esserci qualcuno disponibile a fare, in sua vece, ciò che essa non è in grado o non ha voglia di fare, deve svegliarsi immediatamente.
Di fronte ad una situazione come quella nella quale ci troviamo, in un regime democratico che tale vuole rimanere, non sono tanti i rimedi a cui pensare, anzi, ce n’è uno solo, si chiama partecipazione diretta, appassionata, consapevole, intelligente ed orgogliosa.
Mi auguro che i siciliani, quelli veri, quelli che non hanno voglia di farsi insultare o umiliare, lo comprendano e rifiutino sdegnosamente elemosine, minacce e blandizie di qualsiasi natura e da qualsiasi partito nazionale esse provengano.