Ludovico Falzone

Il ruolo della cultura tra i giovani, oggi, è essenziale ed estremamente importante soprattutto per combattere la battaglia contro lo sviluppo di una coscienza di massa. La categoria dei giovani, che convenzionalmente ricopre la fascia di età compresa tra i 14 e i 25 anni, è la fetta della popolazione maggiormente a contatto con gli stimoli culturali che, nella migliore delle ipotesi, costituiscono le basi solide per una crescita sociale attiva e cosciente. Le occasioni sono molteplici: in primo luogo la scuola, sede di cultura per eccellenza, da cui tutto ha origine e spesso fine, dal momento che la maggior parte dei giovani intraprende studi scientifici, avrà sempre meno occasione di coltivare gli studi letterari e filosofici, che il mondo dell’istruzione obbliga a frequentare. 

Si evince dagli ultimi dati statistici che sempre meno studenti, alla conclusione della scuola superiore, intraprendono percorsi umanistici; questo è dovuto anche alla relativa difficoltà di impiego nel mondo del lavoro. Il focus è però capire quale sia il comportamento adatto che i giovani debbano avere per un approccio alla cultura che si distacchi dalla pedanteria dominante di un sapere libresco e nozionistico e dall’impostazione che si è soliti ricevere dalla scuola. La sensibilità verso la bellezza è il primo passo per avvertire la corrispondenza tra la disposizione del nostro animo e l’arte declinata in tutte le sue forme. Molti ragazzi, a differenza di quanto si pensi, coltivano la passione della scrittura: dal diario conservato nel cassetto della propria scrivania, a post liberatori pubblicati su Facebook, che un insegnante medio definirebbe scrittura creativa. Scorrendo con le dita i nostri social, ogni giorno, si scoprono coetanei abili scrittori, che finalmente fanno un salto nel vuoto, spogliandosi di tutte le loro insicurezze e lanciandosi in pasto ai follower più accaniti e cinici. Sui social come Instagram e Pinterest, di stampo molto più fotografico, si è notato un crescente interesse verso l’arte, per quello che Oscar Wilde definirebbe art for art’s sake, cioè l’arte fine a se stessa, che si esprime tramite Challenge dal titolo: “Più arte nei social”. Queste maratone virtuali consentono la visualizzazione di opere d’arte più o meno famose che gli utenti pubblicano e condividono nelle loro storie. 

È, dunque, vero allora che un giovane liceale dopo cinque ore trascorse a scuola non abbia intenzione di imparare più nulla?  La risposta vuole essere negativa, perché la cultura non è solo quella veicolata dalla scuola, dall’università o dalla televisione, ma lo è il racconto dei nonni della guerra o di com’era la città prima che nascessimo. Quante volte abbiamo sentito le parole: “Qui una volta era tutta campagna”. O ancora, una passeggiata nel centro storico, tra i palazzi che hanno visto crescere generazioni, scorrere delle foto trovate per caso dentro un baule e scoprire che i nostri genitori usavano lo stesso tipo di jeans o pantaloni a zampa che si usano oggi. Oppure scorrere con lo sguardo la libreria di casa e trovare dentro a un’edizione scolastica della Divina commedia di nostra madre un fiore di lavanda che ha impresso la sua essenza tra i versi del sommo poeta per oltre trent’anni. Ebbene, accorgersi che si sta facendo la storia, ma non più tra i banchi all’interno di un’aula. 

L’era del Covid ha distrutto anche quell’attesa e quella speranza di incontrarsi potendo osservare le smorfie del viso, le familiari rughe di compiacimento sul volto dei più anziani e la possibilità di viaggiare con la mente, senza più paura di essere contagiati anche solo con il pensiero. 

Il compito dei giovani oggi è, dunque, di fare tesoro dei racconti, di diventare quello che i greci avrebbero chiamato ktema es aiei, cioè un possesso per sempre. Fare di sé stessi delle casseforti per custodire il sapere che è la ricchezza più grande, un oneroso bagaglio culturale che si ha il dovere di conoscere e trasmettere e che a lungo andare farà veramente la differenza. Il poeta latino Orazio in una sua celebre ode dall’incipit “Exegimonumentum” scrive che ha eretto un monumento più duraturo del bronzo: la poesia.  

Partendo dal concetto di inclusione, bisognerebbe fare tesoro delle parole di Papa Francesco che nella lettera enciclica “Fratelli tutti” ribadisce che «le differenze sono creative, creano tensione e nella risoluzione di una tensione consiste il progresso dell’umanità». 

La soluzione sarebbe dunque quella di credere fortemente nel valore associazionistico che esiste tra i giovani con lo scopo di contagiare gli altri ragazzi con l’entusiasmo in un’era in cui si scappa dal contagio, per far veicolare l’arte con altri mezzi e per far comprendere i grandi valori da cui si deve ripartire per ricostruire l’immagine di una Casa comune. Un piccolo contributo nato dall’esigenza di rivendicare l’idea che la cultura non appartenga solo agli adulti e che il ruolo dei giovani sia concreto e non solo un espediente che spesso serve ai più forti per riempirsi la bocca.  L’impegno è, dunque, volto alla riscoperta dell’altro, partendo dalla scoperta disé stessi per esorcizzare l’idea di società liquida e dell’apparire. Allora sì che: tu onore di pianti, Ettore, avrai, finché il Sole risplenderà su le sciagure umane.