In questo momento l’Italia è come un’automobile con il motore al massimo dei giri ed il freno a mano tirato. L’energia, il lavoro e le potenzialità sono al Sud, il freno è nella burocrazia e nella politica dei partiti romani, oltre che nelle loro incapaci diramazioni locali, mentre il Nord è come un serbatoio già pieno che pretende altra benzina la quale però, non potendo esservi più contenuta, si versa di fuori senza trasformarsi in energia.
Così non si può più continuare. Il Sud e la Sicilia, però, non possono solo lamentarsi, devono cambiare subito registro, passando dalle messianiche attese assistenzialistiche, incapaci di produrre sviluppo, all’impegno ed alla partecipazione diretta ai processi democratici che determinano le politiche di ripartenza.
Bisogna prendere coscienza che è necessario ingranare la marcia, levare il freno a mano e trasformare la potenza in movimento, in lavoro, in crescita, in infrastrutture, in opportunità, ma a due condizioni: che alla guida vi sia un buon pilota e che l’itinerario sia stato ben tracciato.
Per uscire da ogni metafora, è necessario che i cittadini prendano coscienza del fatto che nessuno farà mai quello che spetta a loro fare, dunque devono scegliersi uomini e programmi in grado di consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Per restare alla tragedia di questi mesi, un buon governo non è quello che si limita a dire che non bisogna uscire di casa e che bisogna lavarsi frequentemente le mani, magari impegnando centinaia di improbabili ma costosissimi presunti esperti.
Un buon governo è quello che dice cosa fare per non fermare l’economia, per non limitare troppo la libertà di ciascun cittadino e soprattutto è in grado di somministrare a tutti e con successo le cure necessarie.
Trovare una classe dirigente capace di governare non è facile, soprattutto quando l’ignoranza diventa un titolo di merito di cui andare fieri, come purtroppo accade in certi ambienti politici.
Così come non è facile elaborare un programma di sviluppo in grado di ridurre il dislivello infrastrutturale ed occupazionale in atto esistente tra il Nord ed il Sud. Tuttavia è dalla partecipazione civile che bisogna partire, soprattutto se non si vogliono ripetere gli errori del passato.