Alcuni anni addietro, mi è capitato di presentare un disegno di legge mirante ad ottenere la valorizzazione dei talenti, in particolare di quelli siciliani, poiché credo che un Paese che non coltivi i propri talenti non abbia un futuro.
Un disegno di legge, però, non basta a cambiare una mentalità e un modello che hanno fatto prevalere la raccomandazione rispetto alla qualità, alla responsabilità, all’impegno, allo studio.
Per cambiare in maniera profonda questo schema, che ha caratterizzato l’intero dopoguerra, è necessaria la partecipazione attiva di tutti ed una classe dirigente competente e leale con il territorio che la esprime, ma serve pure una precisa programmazione che produca i risultati ipotizzati.
Ciò premesso, appare davvero impossibile sperare che, nella nostra regione, maturino e si affermino talenti nei vari settori, se intere zone, vengono sistematicamente trascurare o, peggio, vengono lasciate nelle mani della criminalità e della sottocultura.
L’esempio che prima mi viene alla mente è quello che riguarda le periferie: Librino, San Giorgio, Fossa Creta, Pigno, Villaggio Sant’Agata, Zia Lisa, vale a dire i quartieri di “Catania Sud”, oltre un terzo della popolazione della città, che tuttavia sono senza cinema, senza teatri, senza biblioteche, se non quelle nate dal volontariato, sono senza poli di aggregazione, che non siano i centri commerciali, che propongono tutt’altro che cultura.
Monte Po, Lineri, Monte Palma, Belsito, Poggio Lupo, San Giovanni Galermo, invece, costituiscono topograficamente parte di Catania Nord e parte di Misterbianco, ma anch’essi sono senza infrastrutture culturali, ma stracolmi di centri commerciali, soprattutto cinesi.
Non stupiamoci se in queste zone la criminalità dilaga ed i talenti stentano ad emergere.
Ho sempre auspicato che l’Europa uscisse dal guado e decidesse se essere una istituzione funzionale alla speculazione ed alla finanza o un’istituzione funzionale ai popoli, alla cultura ed all’economia reale, come avrebbero voluto i suoi padri fondatori. Ecco, credo che, se l’Europa uscisse dall’equivoco obbligando le- istituzioni locali a fare altrettanto, con molta probabilità, le periferie urbane non sarebbero più abbandonate a se stesse e diventerebbero fucine di talenti.