Secondo l’OCSE, nel nostro Paese, l’ignoranza cresce e le colpe sono diffuse. I dati pubblicati non dicono nulla che già non ci fosse già noto, ma dicono anche tanto che ci si ostina a non volere comprendere. Anzi peggio: lo si rifiuta come se fosse un’ingiustificata cattiveria dei soliti istituti internazionali contro noi italiani ed in particolare conto noi meridionali, che occupiamo la parte bassa della classifica.
Sulla base delle cifre elaborate, la capacità di leggere e comprendere un testo presenta risultati migliori in oriente. Un fatto che la dice lunga, dato che, a rigor di logica, i Paesi di più antica e solida prosperità dovrebbero essere i più istruiti, invece lo sono di meno sia sul piano della formazione culturale e professionale, sia sul piano della selezione e del merito.
A giudizio dall’OCSE noi italiani siamo tra quelli messi peggio. Nella speciale classifica i nostri ragazzi hanno raggiunto una media di 476 punti, contro i 487 della media dei paesi presi in considerazione.
Un tale, più che deprimente, risultato, però, deve, purtroppo, essere ulteriormente corretto in peggio nel Sud , dove raggiunge quota 453 e nelle Isole, che si collocano a 439 punti.
Il Nord si colloca appena sopra la media Ocse, il Sud appena sotto. Non ci voleva molto ad aspettarselo: anche sul piano dell’istruzione, l’Italia è divisa in due e a stare peggio sono sempre i meridionali. La sola novità, rispetto a quel che già fosse tristemente conosciuto, è che, rispetto ai dati del passato, andiamo un po’ meglio in matematica ma andiamo molto male in scienze ed in letteratura.
Forse, se si consentisse agli insegnanti di andare avanti per merito, piuttosto che per anzianità di permanenza in graduatoria e di frequentare periodici corsi di aggiornamento sarebbe meglio per tutti.
C’è un ultimo dato che bisogna prendere in considerazione e che è il più difficile da mandare giù: i giovani italiani sono quelli che fanno più assenze, superando in classifica niente meno che i turchi, che giungono secondi. Sic!
Insomma, le responsabilità, come si diceva prima, sono diffuse e non possono che partire dalle famiglie, salvo che non si dia per assunto che i nostri ragazzi siano più cagionevoli di quelli di Paesi con una sanità nettamente peggiore. Non mi pare possibile!