di Ninni Cuspilici
Per quanto il fenomeno passi inosservato, l’inquinamento ambientale in Sicilia tocca livelli altissimi, e provoca numerose vittime. La contaminazione dell’acqua e dell’aria dovuta ai processi industriali, al traffico e alle onde elettromagnetiche, la quantità di rifiuti tossici e le esalazioni chimiche dovute alla loro combustione spesso abusiva (è tristemente noto il fenomeno della Terra dei fuochi), ha provocato l’insorgere di decine di malattie dovute al contatto diretto con gli agenti inquinanti, alle radiazioni ultraviolette e ai cambiamenti climatici.
La storia dello sfruttamento degli idrocarburi in Sicilia inizia negli anni ’20, con l’avvio delle prime esplorazioni. Dalla prima metà degli anni ’50 inizia l’attività dei pozzi petroliferi di Ragusa e Gela, e di gas naturale in provincia di Trapani. Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 si costruiscono le prime raffinerie, Augusta e Milazzo, seguite da Gela, l’anno successivo, e Priolo negli anni ’70. Il sogno di una Sicilia “Texas italiano” si scontra ben presto con i risultati delle trivellazioni: il petrolio siciliano è scarso e di difficile lavorazione. Ciononostante, anche in virtù della posizione geografica, il cammino del settore prosegue. Ad oggi, sono presenti in Sicilia imprese che operano in tutte le fasi della filiera del petrolio: estrazione (upstream), raffinazione (downstream) e vendita. Alla fine del 2012, il settore impiegava in regione circa 10 mila persone tra addetti diretti e indotto, generando un gettito fiscale di oltre 160 milioni per l’erario regionale, di cui 16,6 milioni a titolo di royalty. Le esportazioni petrolifere costituivano circa tre quarti dell’export regionale. Oltre ai problemi di natura congiunturale legati al calo della domanda di prodotti petroliferi degli ultimi anni, il settore ha di fronte alcuni nodi strutturali che ne mettono a rischio lo sviluppo, in particolare i vincoli normativi e la moltiplicazione dei livelli di governo con cui interagire e, nel segmento della raffinazione, la concorrenza dei paesi emergenti.
Complessivamente dall’insieme delle analisi condotte sulle popolazioni emerge un quadro di mortalità alterato per le aree di Augusta-Priolo e di Gela con un aumento della mortalità tumorale accompagnato, nel caso di Gela, da un aumento della mortalità complessiva. La situazione appare diversa per l’area di Milazzo dove sono stati osservati degli eccessi di patologia più deboli e più isolati.
Dagli studi effettuati da OMS, ISS si sono registrati
1) Osservazioni consolidate di eccessi di: • inquinamento in matrici ambientali e biotiche• parametri alterati di esposizione• varie malattie ad eziologia multifattoriale
2) Associazione tra cause ed effetti non completamenteprovate (ma nessuno studio è stato specificamentedisegnato ed effettuato per questo scopo)
3) Assenza di ipotesi alternative (anche da parte deiresponsabili delle sorgenti inquinanti) per spiegarequanto osservato, fatta eccezione per un ruolo plausibiledei pesticidi.
4) Conoscenze da sviluppare ma sufficienti per decisioni
E ’ evidente da quanto detto che in Sicilia si è avuta una assenza di una seria Politica Ambientale che altro non è che un insieme di principi che un organismo governativo, un ente, un’azienda assume nei confronti dell’ambiente.
La Politica Ambientale comprende:
la sensibilizzazione dei cittadini sui temi ambientali
La valutazione degli effetti ambientali delle azioni o attività in corso
Gli impegni a conformarsi alla normativa vigente dal punto di vista ambientale.