Tiziana Ramaci
Professore associato di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
Le donne sono meno a rischio di contagio, presentano meno spesso sintomi gravi e percentuali di mortalità da Coronavirus più basse rispetto agli uomini. Statisticamente, in Italia è una donna su tre che si ammala di COVID-19.
I dati epidemiologici ce lo confermano. Studi condotti su un campione di 5 mila pazienti cinesi, a inizio 2020, evidenzia che il 65% dei contagiatiappartiene al genere maschile, con un tasso di letalità pari al 4,7% negli uomini a fronte del 2,8% nelle donne. Questa dato di differenza di genere specifica, non è tuttavia un fatto nuovo, era emerso anche per l’epidemia da SARS agli inizi del nuovo millennio.
Il Report della commissione Europea The impact of sex and gender in the current COVID-19 pandemic ci aiuta comprendere meglio le implicazioni relative a sesso e genere.
Fattori genetici, ormonali contribuirebbero allo sviluppo della malattia nella trasmissione del COVID-19. Secondo i primi dati le donne avrebbero un sistema immunitario che le rende più resistenti alle infezioni, ma dall’altra più suscettibili alle patologie mediate dal sistema immunitario come le malattie autoimmuni. Anche se ancora si sa troppo poco delle cause, il risultato è che mentre la percentuale media di mortalità per il COVID-19 per gli uomini è pari al 2,7% dei casi, questa percentuale si attesterebbe attorno all’1,7% nel caso in cui il paziente è donna. Ma non è l’unico esempio in cui cause genetiche, fisiologiche e culturali siano da collegare ad una differenza di genere. Solo per farealcuni esempi: la celiachia è più frequente nelle donne, le donne hanno maggior probabilità di soffrire di disturbi depressivi rispetto agli uomini; lapercentuale di donne che soffrono di emicrania è tre volte superiore a quella degli uomini.
Perché parlare di donne, di uomini e di coronavirus?
L’approccio che condividiamo è noto come Medicina di Genere e l’Italia in questo ambito è diventata la Nazione con la maggiore sensibilità e attività informativa.
Legge numero 3 dell’11 gennaio 2018 rappresenta un punto saldo per il rispetto del diritto alla salute, emanata dall’allora ministro Beatrice Lorenzin, in cui all’art. 3 propone di “fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per la diffusione della medicina di genere al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal SSN in modo omogeneo sul territorio nazionale”. Continua[…] La medicina di genere non è la medicina che studia le malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini, ma è la scienza che studia l’influenza del sesso (accezione biologica) e del genere (accezione sociale) sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza sia nell’uomo che nella donna […].
A seguito della L.3/2018, il 6 maggio del 2019 è stato emanato, a livello nazionale, il “Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere”, con lo scopo di estendere la conoscenza e l’applicazione della medicina di genere in maniera omogenea su tutto il territorio. Il monitoraggio del Piano è affidato all’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, ed è aggiornato ogni tre anni.
Il Piano di genere individua quattro obiettivi da perseguire:
(Individuare) Percorsi clinici di prevenzione, diagnosi e riabilitazione che tengano in considerazione le differenze di genere (accezione sociale) nella manifestazione dei sintomi e nella risposta al trattamento. I professionisti della cura hanno il compito di valutare lo status sociale, lo stile di vita, il livello di scolarizzazione e, non ultimo il genere quali fattori “sociali” determinanti sia nell’impostazione della compliance medico-paziente che nella diagnosi, cura e riabilitazione. Fare salute partendo dal “genere” e con programmi di prevenzione e terapeutici a linee guida genere-mirate.
Una revisione sistematica Health risks and outcomes that disproportionately affect women during the Covid-19 pandemic: A review ci aiuta a comprendere meglio gli elementi sanitari, economici e sociali che, durante la pandemia Covid 19, possono tradursi in accentuate differenze di genere, con maggior danno per le donne.
Lo studio prende in considerazione specifiche aree: attività di assistenza sanitaria, violenza di genere esalute mentale.
Ricerca e innovazione, al fine di implementare le conoscenze biomediche, psicologiche e socialisempre più improntate nell’ottica di genere. La ricerca scientifica degli anni più recenti mostra significative differenze di genere in relazione ad alcune patologie e dipendenze comportamentali ai fattori di rischio, ai meccanismi neurobiologici e ormonali, al controllo degli impulsi e alla risposta ai differenti trattamenti. Il SSN avendo quale primo obiettivo il benessere della popolazione, necessita di ricerche cliniche e pre-cliniche improntate alla medicina di genere.
Formazione e aggiornamento professionale che potenzi una consapevolezza all’approccio di generenella medicina. Negli ultimi anni l’Università è stata impegnata nell’attuazione di piani di aggiornamentoscientifico-professionali e di percorsi universitari orientati alla medicina in tal senso.
Comunicazione per la salute partendo dal “genere”, come comunicazione sociale a tutti gli effetti, interessandosi di “benessere collettivo”. I piani di comunicazione puntano a sensibilizzare sulla consapevolezza di genere (accezione biologica esociale), nella fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le patologie per arrivare a trattamenti di medicina di genere specifici.
La Medicina di genere è il punto di partenza per una riflessione più ampia sulla salutogenesi, un miglioramento dell’appropriatezza delle cure (di genere) in grado di produrre vantaggi sia per la Comunità che per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale (SSN), utilizzando il contributo delle conoscenze scientifiche nelle decisioni delle organizzazioni, dei lavoratori, e dei cittadini/pazienti.